Kitano: chi era Takeshi?

Kitano: chi era Takeshi?

Da qualche giorno è uscito su Netflix “Asakusa Kid” il film che parla delle origini  dell’immeso Takeshi Kitano, uno degli autori più importanti del cinema moderno, un artista poliedrico, capace di maneggiare con disinvoltura diverse forme espressive oltre al cinema,  come la pittura, la poesia e la scrittura.

Takeshi Kitano è un regista apprezzato in tutto il mondo grazie a una filmgrafia che contiene diversi capolavori: Hana-bi, Sonatine, Dolls, sono solo alcuni dei tanti film che ha scritto, diretto, interpretato e montato. Un cineasta capace di condesare nelle sue pellicole la poesia di Ozu, l’epicità di Kurosawa, il noir di Jean Pierre Melville e la spettacolarizzazione della violenza alla Tarantino.

Kitano ha iniziato la sua carriera cinematografica come attore. Sono moltissime le sue partecipazioni “solo” in qualità di interprete, ruoli che hanno lasciato il segno all’interno della cinematografia nipponica, basti solo pensare al meraviglioso a “Furyo” film diretto da Nagisa Oshima, con Kitano e David Bowie, oppure all’immortale  “Battle Royale”, pellicola diretta dal grande Kinji Fukasaku in cui Kitano interpreta il ruolo di un sadico insegnante che, abbandonati i panni del professore, decide di vestire quelli dell’aguzzino indossando una tuta da ginnastica.

Kitano

Kitano  crea delle inquadrature che risultano essere dei veri e proprio omaggi alla pittura, non è un caso che all’interno delle sue pellicole troviamo i quadri che ha dipinto lui stesso. Quello che può sembrare solo un esercizio di stile, è in realtà una padronanza tecnica e stilistica sbalorditiva. Sono tanti i generi affrontati dal regista, dal poliziesco alla commedia fino al film di Samurai. Ma sono soprattutto i suoi yakuza movie (sottogenere esaltato nella bellissima trilogia “Outrage”) ad averlo reso un maestro, mostrandoci dei ritratti di gangster spenti, malinconici, violenti e tormentati. Figure lontane ma che sentiamo vicine grazie ai lati umani che il regista riesce a far brillare.

Le inquadrature fisse, pulite, gli improvvisi lampi di ironia contrapposti alle esplosioni di violenza sono stilemi che elevano Kitano non solo a maestro del cinema, ma modello di riferimento di tanti illustri cineasti sparsi in tutto il mondo.

Asakusa kid, il film Netflix uscito qualche giorno fa, racconta un altro Kitano, il Kitano precedente, il Takeshi che a poco più di vent’anni lavora come addetto agli ascensori in un locale di Asakusa (quartiere di Tokyo)  e sogna di diventare un comico.

Tratto dal romanzo autobiografico scritto da Kitano (che ha al suo attivo altri bellissimi libri reperibili anche in Italia) il film ripercorre le gesta del giovane Takeshi alle prese con i suoi sogni.

Diretto da Hitori Gekidan e interpretato da Yuya Yagira, un attore eccellente che riesce a rifare le movenze e i tic che hanno rese celebre il Sensei, il lungometraggio non è altro che la storia di un allievo e del maestro, dei loro conflitti, ma soprattutto dell’amore che li lega, in tutto e per tutto simile a quello di un padre per suo figlio.

Takeshi è un giovane sbandato, timido, che dietro le quinte del teatro apprende i rudimenti dell’attore comico, pianifica, intuisce, sperimenta, fino ad arrivare alla sera in cui deve sostituire la spalla del maestro. Il suo ingresso in scena è goffo, ma è l’inizio della sua scintillante carriera di comico, la cui fama comincia presto a precederlo fino a farlo approdare in televisione assieme a Kiyoshi Kaneko, celebre comico con il quale Kitano ha formato il duo di Manzai “Two Beat”.

La pellicola targata Netflix è lontana dai film che hanno reso celebre Kitano, il quale non figura come regista o produttore, ma solo come autore del libro. È un film che presenta alcune imperfezioni e a tratti può risultare un po’ stucchevole, ma rimane un’opera da vedere per tutti gli amanti di Takeshi Kitano o anche semplicemente per chi desidera vedere un film delicato e malinconico.

Vedendo Asakusa Kid ci si rende conto della netta differenza tra il Kitano che conosciamo in occidente, cioè quella del venerato regista vincitore del leone d’oro a Venezia e di tanti altri premi, e il Kitano che tutti conoscono il patria: l’autore televisivo, il comico, il geniale intrattenitore.

Ve lo immaginate Maurizio Crozza che dirige un film che parla di criminali violenti con una sapienza registica che hanno solo i maestri?

Ecco, nel 1989, l’anno in cui uscì il suo primo film da regista “Violent cop” Kitano riuscì ad abbattere ogni schema, a demolire i limiti del suo essere attore e intrattenitore, a mutare il Beat Takeshi famoso in tutto il Giappone per diventare il grande autore riconosciuto dappertutto. Il primo film del cineasta in Italia venne presentato da un altro Sensei, Enrico Ghezzi, che lo volle assolutamente per il festival di Taormina (video), di cui all’epoca era il direttore.

Sembra che questo artista abbia vissuto tante vite in una, perché negli anni del teatro e della comicità, Kitano sembra non pensasse minimamente al cinema, sia come attore, sia come regista. L’unica cosa che contava per lui era la pura esibizione, il momento in cui sul palcoscenico ballava il tip tap, si travestiva e recitava esaltando il pubblico, cosa che riesce ancora a fare a distanza di cinquant’anni, confermandosi uno dei più grandi artisti di sempre.

Dovrebbero esserci altri tre o quattro film per parlare delle diverse vite di Kitano, ma per ora accontentiamoci di Asakusa Kid, sperando che in futuro ci siano altri titoli capaci di emozionarci proprio come sa fare il grande Takeshi.

 

Add Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *