Tra i tanti film diretti da registi mediocri, Gareth Evans è riuscito ad attirare l’attenzione del mondo grazie alla sua padronanza tecnica e stilistica.
Nel corso degli anni, maestri come John Woo e Johnny To, sono riusciti ad elevare il cinema d’azione a standard decisamente alti, sia da un punto di vista poetico, sia stilistico, pochi come loro si sono aggiudicati la cintura nera dell’action nella settima arte e per molto tempo i fan si sono chiesti se ci sarebbe mai stato un erede al trono alla regia, un cinesta capace di rivoluzionare il genere e creare una nuova frontiera del linguaggio cinematografico.
Nato in Galles nel 1980, Gareth Evans frequenta una scuola di cinema e dopo aver girato diversi cortometraggi e aver e lavorato come montatore, viene ingaggiato da una produzione asiatica per la realizzazione di un documentario in Indonesia riguardante il Silat: un’arte marziale che trae ispirazione dalla natura e dalle pose di attacco di animali come tigri e giaguari, una disciplina che prevede uso di calci, pugni, gomiti e ginocchia oltre all’utilizzo di una grande varietà di armi bianche.
Gareth accetta, parte e arriva in Indonesia, nella capitale, a Jakarta, dove conosce tantissimi stuntman maestri di armi e arti marziali, ma anche tecnici e operatori che lavorano in produzioni cinematografiche gigantesche e decisamente meno costose di quelle occidentali.
Per il Gallese si aprono le porte di un nuovo mondo.
Inizia a girare il documentario e durante la lavorazione conosce Iko Uawis, campione di arti marziali che diventerà suo futuro attore feticcio.
Affascinato dalla disciplina, Gareth Evans prova a pensare ad un lungometraggio e decide di rimanere in Indonesia e scrivere il suo prossimo progetto: Merantau, storia di un giovane che parte da un villaggio di provincia per trasferirsi a Jakarta e diventare maestro di Silat. Arrivato nella capitale, il giovane scoprirà che la grande città non è il paradiso che si aspettava e deciderà di difendere degli innocenti dai soprusi di un gruppo di criminali occidentali.
È l’inizio di una nuova era per il cinema d’azione, perché oltre a mostrare una disciplina fino a poco prima sconosciuta al grande schermo, il film possiede già una forza estetica e registica capace di superare i confini del sud est asiatico e penetrare in quelli occidentali.
“Merantau” viene presentato in diversi festival in tutto il mondo, dove riceve pareri positivi dalla critica ma soprattutto dal pubblico.
Incoraggiato dal successo, il regista si concentra subito sul progetto successivo e gira “The Raid”, sempre in Indonesia, con Iko Uawis protagonista, film di ambientazione metropolitana narrante la storia di un gruppo di poliziotti dei reparti speciali che dopo aver fatto irruzione in un palazzo di un boss della droga, si ritroveranno intrappolati nell’edificio e di conseguenza costretti a combattere contro l’esercito privato del boss.
È un trionfo dell’azione. In questo nuovo film, il regista gallese affina la tecnica, regalandoci delle spettacolari scene di lotta dove calci e pugni sono capaci di far impallidire anche i capolavori di Bruce Lee.
Girato con macchine da presa digitali leggere, il film alterna uno stile statico e controllato nelle scene di dialogo e macchina a mano nelle scene d’azione.
L’innovazione sta nella tecnica di ripresa, perchè l’utilizzo di un’ impugnatura circolare attorno alla macchina, che viene tenuta dall’operatore ad altezza del busto, permette di girare le sequenze di movimento da tantissime angolazioni diverse, permettendo, una volta arrivati al montaggio, di avere un quantità enorme di materiale. Il risultato è una vera e propria danza di pura azione in cui la cura maniacale per il dettaglio si fonde con il montaggio frenetico, garantendo uno spettacolo elaboratissimo ed ultraviolento.
L’abilità degli stuntman indonesiani è sbalorditiva, la capacità di Gareth Evans lo è altrettanto e quei novanta minuti non possono che rimanere impressi nella mente di ogni amante del genere.
“The Raid” è un grandissimo successo in tutto il mondo, non solo tra i pochi (fino a quel momento) fan del regista, ma anche tra i critici, che lodano la tecnica innovativa nelle scene di combattimento.
Gareth Evans diventa sempre più famoso,i produttori fanno a spallate per mettere le mani sul prossimo film e così, il giovane gallese decide di tirare fuori dal cassetto “Berandal” una sceneggiatura scritta anni prima e di adattarla a sequel di “The Raid”.
Il film che gira è un vero è proprio capolavoro. 150 minuti da capogiro, in cui sparatorie, inseguimenti, lotte con mazze da baseball, martelli, coltelli e tanto altro rimangono impresse nella mente dello spettatore per potenza visiva e originalità della coreografia.
Medesima tecnica di ripresa a mano, girato con la macchina digitale RED, il film possiede una fotografia eccezionale, dove la cura per la composizione dell’inquadratura richiama i grandi maestri del cinema, primo fra tutti Martin Scorsese, ma anche grandi del noir come Melville per quanto riguarda la struttura narrativa e anche un pizzico di Nicolas Winding Refn nella scelta dei colori e di alcune inquadrature.
In “The Raid 2-Berandal” c’è una vera e propria esplosione di adrenalina, ma c’è anche tanto altro. Il regista è esperto e si ricorda che il cinema è anche fatto di silenzi, si concentra su molti primi piani, fa carrellate lente e precise, sceglie i colori con cura, mostrando un’ abilità degna di un maestro.
Da sempre influenzato dal cinema horror, decide di scrivere e dirigere “Apostolo” film targato netflix che presenta una serie di spunti visivi e poetici estreamente interressanti, ma che non raggiunge il successo dei suoi primi film.
Gareth Evans però è conosciuto per la sua tenacia, e la televisione rappresenta un mezzo attraverso cui sfogare la sua esplosiva creatività in forma seriale. Nasce così “Gangs of London“, meraviglioso affresco della criminalità londinese contemporanea. Una serie iperviolenta, ricchissima dell’azione a cui Evans (anche sceneggiatore della serie) ci ha abituato e con personaggi tanto profondi quanto sono tragiche le loro vicende personali.
“Gangs of London” è una serie stratificata, non ci sono solo criminali inglesi, ma zingari, albanesi, pakistani e criminali in giacca e cravatta che muovono milioni come se fossero casse di noccioline. Un ritratto attento e intelligente della criminalità moderna, il tutto condito dalla migliore azione che si possa vedere sullo schermo.
L’azione è una componente importante della settima arte, lo è sempre stata. Gareth Evans rappresenta un dei pochi autori contemporanei capaci di offrire intrattenimento al cardiopalma con uno stile classico ma allo stesso tempo innovativo, confermando di essere un grande regista, a cui sento di dovere tanto, perchè attraverso le sue immagini ho trovato l’ispirazione necessaria alla mia scrittura.
Vi garantisco che se tornati a casa dal lavoro o dopo una lunga giornata di studio, decidete di mettervi comodi sul divano e vi vedete uno di questi film sublimi, cattivissimi e rigorosamente vietati ai minori di diciotto anni, sicuramente andrete a dormire felici… sempre che l’adrenalina vi permetta di prendere sonno.
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