Love death & robots è una serie originale Netflix creata da Tim Miller, animatore e regista di Deadpool e prodotta da David Fincher, uscita nel 2019.
Sono particolarmente legato a questa serie, perchè mi ha profondamente influenzato durante la scrittura di uno dei racconti a cui tengo di più: “L’ultima giornata di sciopero” pubblicato sulla rivista cartace “Pulpette“.
Love death & robots non solo apre uno spiraglio originale e innovativo sul mondo spesso sottovalutato dell’animazione, ma anche sulla nuova serialità televisiva.
Il progetto ha richiesto uno sviluppo di diversi anni visto il numero di character designer, tecnici e registi provenienti da tutto il mondo.
Ogni puntata è stata scritta da autori diversi ma presenta una struttura drammaturgica uniforme. Gli episodi infatti hanno tutti la durata più o meno standard del cortometraggio (15-17 min) la diversità tra un episodio e l’altro non sta solo nelle vicende raccontate, ma in un diverso tipo di animazione, che varia dall’anime giapponese alla grafica più recente da videogame, fino ad arrivare all’animazione in 3D.
È proprio la moltitudine di stile e di tecniche d’animazione a fare di Love death & robots un capolavoro di tecnica e di stile.
Il minimo comune denominatore della serie è fondamentalmente la fantascienza. Le storie che vanno a comporre Love death & robots vedono universi popolati da personaggi tormentati ma quasi sempre decisi a far trionfare il bene sul male.
Le ambientazioni e le epoche sono molto diverse. Il contemporaneo, il futuristico e lo steampunk sembrano fondersi in un caleidoscopio audiovisivo luccicante, mentre le di scene di violenza e crudeltà si sprecano, l’orrore è sempre dietro l’angolo e la commedia fa irruzione anche nei momenti più inaspettati, basti pensare all’episodio “Alternative storiche” che vede per protagonista un giovane Hitler alle prese con la morte in diverse forme.
Love death & robots riflette su un’umanità che ha perso tutti i valori che contano e quelli che sopravvivono sono fondamentalmente i più forti, o quelli che non lo sono mai stati ma si industriano per diventarlo.
L’animazione fa da filtro a queste storie divertenti, terribili e disperate, intrattenendo efficacemente lo spettatore con un ritmo incalzante che spinge ad avere voglia di vedere l’episodio successivo praticamente senza pause, come se la serie fosse un pacchetto di patatine che non riusciamo a smettere di mangiare. Paragone forse banale, ma azzeccato, perché nel vedere Love death & robots volte si ha come l’impressione che alcuni momenti siano più rivolti all’impatto e al piacere piuttosto che ad una buona sostanza, ma è giusto così, perché l’intrattenimento è la base dello spettacolo ed è uno degli aspetti che a volte sia le opere audiovisive che letterarie perdono di vista, ma sicuramente non è questo il caso.
Basti pensare all’originalità delle scene d’azione , dove spesso la violenza raggiunge il limite della sopportabilità ma allo stesso tempo abbaglia lo spettatore con la sua potenza estetica.
In Love death & Robots regna sovrana la cura per il dettaglio in ogni tipologia d’animazione. Il grande numero di studi coinvolti nel progetto, dimostra che l’animazione è una tecnica che offre tantissime possibilità narrative e soluzioni audiovisive, dimostrando che questo genere, oltre a essere poco esplorato se non dai cultori, può scuotere anche un pubblico adulto.
Durante la visione ci immergiamo in mondi colorati e fosforescenti, abitati da mostri terrificanti e donne stupende quanto letali. Luoghi in cui la bellezza si può trasformare in orrore nel giro di pochi secondi e viceversa.
Love death & robots omaggi al grande cinema di fantascienza che qui si sprecano, a volte dichiarati, a volte celati, ma sempre presenti, quasi che gli animatori vogliano confermare la loro conoscenza del mezzo e dell’arte cinematografica con affetto e anche con un pizzico di giusta arroganza.
In oriente, il cinema d’animazione ha sempre avuto autori rispettati in patria quanto Ozu o Kurosawa, basti pensare a registi come Hayao Miyazaki o Satoshi Kon, che attraverso i loro film hanno fatto sognare milioni di persone e fatto conoscere lo Studio Ghibli a tutto il mondo. Tuttavia, superati i confini del sol levante, l’animazione è sempre stata vista non solo come un prodotto estremamente commerciale, ma anche come prodotti destinato a un pubblico composto esclusivamente di bambini.
Love death & robots è un viaggio sperimentale che apre le porte a possibilità nuove che possono irrompere nel cinema tradizionale con la potenza di uno tsunami.
La prima parte rimane nettamente superiore per ambizione, numero di episodio e spettacolarità rispetto alla seconda, ma anche in quest’ultima non mancano gli episodi memorabili, i guizzi stilistici, gli omaggi al grande cinema e alla letteratura.
Non ci resta che attendere la terza stagione e sperare che arrivi molto presto sui nostri schermi casalinghi. Sarà il tempo a stabilire se Love death & robots riuscirà a rimanere impresso nella memoria dello spettatore, ma già da ora è sulla buona strada.
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