Ammaniti e la vita intima

Ammaniti e la vita intima

Niccolò Ammaniti torna in libreria con “La vita intima”, sua ultima fatica edita da Einaudi.

L’autore romano non ha bisogno di presentazioni. È uno dei pochi in Italia a essere riuscito, almeno per un po’, sia a conquistare legioni di ammiratori, sia folti gruppi di detrattori che sempre, bene o male, hanno aperto accese e profonde discussioni riguardanti la sua opera.

Anche nel caso de “La vita intima”, Ammaniti sta ricevendo lodi da una parte e disprezzo dall’altra, le tifoserie in questione occupano le due curve del panorama editoriale: da un lato ci sono i fan irriducibili (o meglio Le fan…) e dall’altro i critici forcaioli, i quali da sempre lo aspettano al varco sperando in un passo falso che possa condannarlo, vita natural durante, all’oblio.

Ma andiamo per gradi.

Maria Cristina Palma è la bellissima moglie del premier italiano (figura a metà tra il piacionismo di Conte e la freddezza da contabile di Draghi) passa le sue giornate tra palestra e parrucchiere, sopporta le serate di gala in cui deve seguire il marito e cerca di salvaguardare il rapporto con la figlia alle porte dell’adolescenza.

Quando una vecchia conoscenza ritorna dal passato, il mondo di Maria Cristina va in pezzi, facendola precipitare in una spirale di angoscia. C’è un segreto che non si può confessare, o meglio, non può assolutamente confessare a suo marito…

Sono passati sette anni da “Anna”, l’ultimo successo di Ammaniti poi adattato allo schermo dallo stesso autore, che oltre a essere sceneggiatore, ha diretto ogni episodio della serie.

Sette anni sono un periodo lungo, ma non per un autore affermato come Ammaniti, che può concedersi tutto il tempo che vuole, arrostendo i lettori a fuoco lento e concedendosi anche parentesi cinematografiche più o meno riuscite.

La vita intima” dicevamo, è un romanzo che, come suggerisce il titolo, vuole a tutti i costi essere intimista. Lo scrittore ha deciso di sondare un terreno diverso da quello delle province che spesso ha raccontato, per immergersi nell’alta borghesia romana, entrando così nella psiche di una donna in apparenza invidiabile, eppure dannatamente infelice.

Ammaniti

 

Un’intenzione nobile, va detto, anche se forse vista troppe volte. Ma al giorno d’oggi tutto è già stato raccontato, il punto è il come lo si racconta, e Ammaniti ha dimostrato di saper narrare le angosce e i sentimenti come pochi… Però…Però in quest’ultimo romanzo qualcosa scricchiola.

Le situazioni grottesche e paradossali, tipicamente “Ammanitiane” appesantiscono una struttura lineare e i personaggi, specie quelli secondari che viaggiano in parallelo alla vita della protagonista mancano di tridimensionalità e spesso, sembrano solo essere funzionali a una serie di meccanismi che prediligono l’effetto facile al posto del crescendo drammaturgico.

Dove sta il cuore? Quello che Ammaniti è riuscito a donare ai suoi lettori e che gli ha permesso di conquistarsi, più che meritatamente, un ruolo di protagonista nel panorama editoriale degli ultimi vent’anni?

Non si riesce a riscontrare più la sua rabbia, il gusto per la tragedia che irrorava i primi capolavori come “Ti prendo e ti porto via” o “Fango” il sublime libro di racconti che ancora oggi è vendutissimo, giusto per citarne un paio.

Sì, questi titoli appartengono alla prima fase di una strabiliante, ma in questo romanzo non c’è traccia del pulp  con cui lo scrittore ha saputo condire e scuotere la letteratura italiana.

Certo, uno scrittore cambia e si evolve e anche Niccolò Ammaniti non poteva rimanere il solito cannibale, ma non è questo il punto, perché chi conosce bene lo scrittore romano, sa che anche senza una goccia di sangue può fare di meglio, andare molto più in profondità ed essere ancora più spietato nel mettere su carta sentimenti e tormenti comuni a ogni essere umano.

In queste pagine troviamo il governo instabile, un premier non eletto, il revenge porn e la minaccia dei media, una sorta di distillato dei mali della società contemporanea che però, agli stomaci dei lettori della vecchia guardia pare essere indigesto.

A infastidire non è la mancanza di disagio, protagonista invece di un altro capolavoro assoluto che è “Come Dio comanda” ma proprio una sorta di svogliatezza di fondo nell’indagare le menti dei personaggi di contorno, spesso più interessanti della protagonista, per prediligere una prosa oggettivamente incalzante, ma che non basta ad assolvere completamente i peccati di un romanzo su cui, va detto, gravava un’aspettativa decisamente alta e insostenibile per qualunque scrittore, anche per il più amato.

 

Ammaniti

 

L’uscita di un nuovo libro, tuttavia, può essere anche un motivo in più per andare a riscoprire romanzo di intrattenimento e decisamente più riusciti come “Che la festa cominci” oppure il primo Ammaniti, quello ingenuo ed esplosivo che troviamo in “Branchie”. Un’occasione, insomma, per riscoprire un’opera che, tra tante imperfezioni, è riuscita a creare e diffondere amore per la lettura.

Speriamo solo che Ammaniti non ci faccia aspettare altri sette anni per tornare ancora una volta di essere il fenomeno che tutti amiamo.

 

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