Bianco: il colore della contemporaneità

Bianco: il colore della contemporaneità

“Bianco”, è l’ultimo libro di Bret Easton Ellis, scrittore statunitense a autore del bestseller “American Psycho

Bret Easton ellis ha avuto un impatto fortissimo sulla mia scrittura. Ho aspettato “Bianco” per molto tempo.

Bianco” non è un romanzo, ma non per questo è da considerare inferiore ai gradi capolavori di Ellis.

Con questo libro uscito con Einaudi nel 2019, l’autore racconta la contemporaneità mettendosi al centro della narrazione, andando a ripercorrere  il difficile rapporto con il padre, la giovinezza e il successo folgorante di “Meno di zero” nel 1985, romanzo che lo ha catapultato nell’Olimpo dei grandi scrittori americani.

Biografia e confessione

 “Bianco” è una confessione, una riflessione sulla vita di un artista e un’analisi del mondo interno di uno scrittore e  di quella realtà che sceglie di tradurre in letteratura.

Ellis parla della sua infazia, della musica, della letteratura, del cinema e del suo rapporto di amore – odio con i social network. Parla dei suoi amori fugaci e delle storie importanti, narra del trasferimento a New York e della genesi del suo personaggio più famoso: il serial killer Patrick Bateman.

 

Bianco

In queste pagine si ritorna  agli anni Ottanta, il periodo in cui lo scrittore è esploso, gli anni in cui l’enfant prodige si crogiola nel successo senza però riuscire a gestirlo.

È la decade in cui affiorano le sue passioni-ossessioni che diventano il fulcro della sua poetica: la totale disconnessione dal mondo, la cocaina, i party, il sesso e i tradimenti in un continuo gioco di specchi in cui i suoi personaggi (e Ellis stesso) si ritrovano senza distinguere il confine tra realtà e fantasia.

Tutto si confonde andando a formare uno spettro di colori che messi insieme sembrano perdere tono e brlillantezza, formando quel bianco che dà il titolo al libro.

E poi c’è Trump. Uno dei simboli dell’Impero americano, un personaggio capace di cavalcare le epoche e riproporre una politica fuori tempo ma che ha sedotto gli americani dopo la stagione Obama.

Per quanto possa sembrare un memoir sulle imprese di un grande scrittore, “Bianco” è un libro che parla prima di tutto di politica.

Per molti critici, Bret Easton Ellis è uno scrittore fossilizzato all’epoca Reagan, un periodo ormai lontano,  e che di conseguenza non sappia rapportarsi alla contemporaneità.

Leggendo “Bianco” ci si rende conto del contrario.

 Post – Impero

Quella che Ellis definisce epoca “post-Impero” è la stagione che stiamo vivendo. Dopo l’undici settembre, gli Stati Uniti hanno perso la loro supremazia, ma il desiderio che serpeggia nell’animo di ogni americano è la voglia di tornare a controllare il mondo, di spazzare via le macerie con un poderoso colpo di scopa.

Gli americani non riescono a uscire dallo schema buoni contro cattivi, una visione che Ellis ha sempre fatto a pezzi, romanzo dopo romanzo, perchè bene e male sono intercambiabili, si confondono in un gioco di specchi nel caos vorticoso del mondo.

Ecco perché Trump ha vinto nel 2016. Il famoso motto “Make America Great Again” è un chiaro rimando a quel periodo oltrepassato, ma che ha incantato molti americani, anche quelli più progressisti.

Alle elezioni del 2016, Ellis sceglie di non votare.

Continua a  osservare il mondo dal suo attico, beve e twitta frasi al vetriolo,  fa a pezzi i repubblicani ma soprattutto i democratici, rivelando modi di pensare, riti e abitudini di una classe che ama trincerarsi dietro alle mura fragilissime di un perbenismo fasullo, annacquato, che porta il volto degli esponenti del partito.

Oggi,  vedendo le immagini scorrere in televisione, davanti a una crisi internazionale in cui sembra di essere ritornati ai tempi della guerra fredda, il presidente degli Stati Uniti porta il nome di Joe Biden.

Quando si pensava che Trump rappresentasse la totale retrocessione culturale, Joe Biden ha dimostrato che si può scendere ancora più in basso rivelandosi un presidente capace di applicare politiche più restrittive di quelle del suo predecessore davanti ai flussi migratori, oltre a essere un politico che per sganciarsi dall’Afghanistan ha combinato soltanto disastri.

Biden è il volto di un’ America depressa, sconfitta, disgregata, che riesce a farsi umiliare in più di un’occasione.

Biden si sforza di essere giovane, fa finta di essere atletico, sorride, ma sembra che quegli occhi a fessura non riescano a osservare il mondo che lo circonda.

Con “Bianco“, Ellis  ci ha restituito un ritratto triste, mostruosamente cinico ma purtroppo veritiero dell’America contemporanea, un luogo popolato da  cittadini che non riescono a uscire dallo schema rigido e manicheo dei buoni e dei cattivi, una visione che Ellis ha sempre fatto a pezzi, romanzo dopo romanzo, perchè bene e male sono intercambiabili, si confondono in un gioco di specchi nel caos vorticoso del mondo.

Quella ventata di aria fresca che doveva spazzare via Trump e il suo pensiero, si è rivelata una flatulenza fetida, proprio come quella di Biden davanti ai reali d’Inghilterra.

La rabbia di Bret Easton Ellis emerge violentemente attraverso le pagine di “Bianco”. La sua scrittura ripropone con lucidità il declino di una Nazione e di una politica che in apparenza voleva cambiare le cose, ma che durante la sua marcia trionfale è scivolata nella voragine dell’oblio.

Non è un caso che Bret Easton Ellis decida di concludere “Bianco” con una parola che sembra essere un monito a ogni lettore, un invito a non rinunciare alla propria capacità di giudizio e alla propria interiorità.

“Quando ti trovi nel calderone di una rabbia infantile, la prima cosa che perdi è la capacità di giudizio, e subito dopo il buonsenso. E infine perdi la testa e, assieme a questa, la tua libertà.”

 

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